The Finger and the Moon Blog

Lao Tzu and the creative quietism

Posted on: June 21st, 2014 by Liuba No Comments

Some Taoists believe immortality is the attaining of spiritual freedom through effortless spontaneity and creativity.

Perhaps one of the best known Taoist phrases is, “To be is to do.” Such a general phrase has many possible interpretations. Unfortunately, in the West, the most common interpretation is something like, “Don’t bother doing anything.” Rather than a philosophy of non-action, Taoism should be considered a belief of creative quietism. Lao Tzu advocated a life of action determined by modesty and individual conscience when he wrote:

“The sanest man Sets up no deed, Lays down no law, Takes everything that happens as it comes, As something to animate, not to appropriate, To earn, not to own, To accept naturally without self-importance: If you never assume importance You never lose it..”

 

 

Bhagavad Gita: azione e contemplazione

Posted on: May 31st, 2014 by Liuba No Comments

“La solitudine è necessaria per prendere dimora stabile nel Sé, ma i maestri ritornano poi nel mondo per servirlo.

“Nessun uomo sfuggirà all’ azione
Ritraendosi dall’ agire; no, e nessuno giungerà
Con le sole rinunce alla perfezione.
No, e nessuna minima frazione di tempo, in nessun tempo
Lascia alcuno inattivo; poiché la legge della sua natura
Lo costringe, sia pur di malavoglia, ad agire.

Colui che con un corpo forte serve la mente,
Sacrifica le sue forze mortali a un degno lavoro
E non cerca guadagni, Arjuna! questi è necessaria da onorare. Como l’opera tua!”

Bhagavad Gita



images taken from the website:  http://balancedaction.wordpress.com/2012/06/25/the-bhagavad-gita-part2-what-types-of-actions-exist/

 

 

 

Sentinelle di sacralitá rurale

Posted on: May 14th, 2014 by la fra No Comments

Infiniti nomi per infiniti luoghi: arte e religiositá rurale

Nicchie ai crocicchi, croci votive o edicole sacre poste ad un bivio o su un sentiero di montagna, a metá di una via di pellegrinaggio, tappe sacre lungo il cammino tra campi, boschi, colline e montagne. Ce ne sono ovunque in Italia e quasi ovunque nel mondo, anche se in ogni regione e per ogni credo assumono sfumature diverse, nella forma e nello scopo.

 In Italia appartengono alla preghiera cristiana e alla devozione per un dio o per un santo. Nella maggiorparte dei casi si tratta di un ringraziamento per un voto fatto in precedenza da un credente. In ogni regione d’italia assumono giá diverse denominazioni. Se in Lombardia si parla di santelle, in Veneto vengono chiamati capitelli votivi, da capitèo e in Piemonte piloni. Ma anche nomi quali edicola votiva o edicola sacra, altarino, tempietto non mancano.

Nel piacentino la piccola casetta o tempietto in cui venerare la Maria Vergine prende il nome di Mistadello.

 Grazie al lavoro di Maria Rosaria Auricchio é possibile scoprire gli oltre cento Mistadelli presenti nelle Valli Trebbia e Nure. Con esattezza la Auricchio ha condotto una lunga ed accurata ricerca, documentando tutti i mistadelli (o sacelli) presenti nei comuni di Alseno, Besenzone, Cadeo, Caorso, Carpaneto, Castell’Arquato, Castelvetro, Cortemaggiore, Fiorenzuola, Gropparello, Lugagnano, Monticelli d’Ongina, Morfasso, Vernasca e Villanova. Con metodo vengono riportati tutti queste piccole casette votive con almeno 125 schede analitiche e piú di 200 fotografie nel libro pubblicato nel 2007. L’autrice ha allargato la sua ricerca e documentazione negli ultimi anni anche ad altre valli piacentine, potendo pubblicare un nuovo volume lo scorso novembre 2013, dal titolo: “Arte e devozione rurale. Mistadelli a Piacenza, Val Tidone, Val Trebbia e Val d’Aveto”.

La Auricchio parla di devozione rurale, perché tutti questi “angoli votivi” sono riferimenti a una fede spontanea, sinceramente sentita dagli abitanti e lavoratori di un luogo, che ci possono rappresentare qualcosa di concretamente legato alla vita quotidiana. Una concretezza che non deriva certo dalla fede di intellettuali, ricchi architetti o antichi nobili, ma dalla fede contadina delle campagne. Sui sentieri di queste campagne italiane oggi si incontrano meno contadini di un tempo ma rimangono tuttavia disseminate di mistadelli, come fossero appunto sentinelle di una sacralitá legata a cicli di vita passati, rendendoli eterni.

Rama Navami

Posted on: April 22nd, 2014 by la fra 1 Comment

Lord Rama

Ram Navami é la celebrazione della nascita di Rama, settima reincarnazione del dio Vishnu, detto anche avatara di Vishnu. Il giorno della nascita di Rama corrisponde al nono giorno della luna del mese di Chaitra (Aprile o Maggio). Nel 2014 la grande festa é stata celebrata l’8 di Aprile. Le fotografie coloratissime sono comparse anche sui giornali europei, in cui spiccavano visi tinti di blu e fiamme danzanti. I fedeli cantano, pregano nel consieto canto, il bahjan per il dio Rama. Tra un canto e l’altro alcuni fedeli danzano con una fiamma. Uno di essi, rappresentando la figura di Rama, truccato di blu, colore col quale viene sempre rappresentata questa divinitá, é stato immortalato con un’ostia infuocata sulla lingua. Non tutte le celebrazioni contemplano la spettacolaritá, elemento fondamentale del Rama Navami sembra essere il canto e la lettura privata o pubblica del Ramayana, un antichissimo epico testo scritto da Valmiki alcuni secoli prima di Cristo (tra 500 e 100 a.C.), in cui si raccontano le gesta del dio-eroe. Le letture celebrative includono anche la versione hindi di Tulsidas, chiamata Ramcaritmanas. In migliaia partecipano a questa festa, accorrendo ai templi dedicati a Rama e camminando nelle processioni realizzate con gli idoli di Rama, Sita, la moglie di Rama, Laksmana e Hanumat. In alcuni casi la celebrazione della nascita segue una novena preparatoria, di digiuno e o preghiera dei fedeli, Novaratri. Nella cittá natale di Rama, Ayodhya, nell’Uttar Prades questa festa é vissuta con particolare solennitá, non solo nei templi, ma anche in riva al fiume Sarayu. Si crede che nelle sue acque siano presenti le aque di tutti i fiumi santi dell’India. Rama é amato e venerato da tutti, esempio di uomo, di regnante, é come la bontá che sconfigge il male. Rama nacque figlio del re di Ayodhya, grazie ad un rituale molto complesso eseguito dal re che non poteva avere figli. Rama fu la risposta di Vishnu alla preghiera di Dasharat e di altri dei che non sapevano come sconfiggere l’ego e l’eccesso di Ravana, re dell’isola di Lanka. Ravana era un uomo dotto e intelligente ma il suo dono divino, di non poter essere ucciso nemmeno dagli dei, lo riempí di ego e prepotenza. Per sconfiggerlo Vishnu doveva incarnarsi in un uomo, da uomo poté vincerlo. La venerazione e la preghiera dei fedeli comprende il canto, detto Bhajan. Il termine deriva appunto dal sanscrito bhakti che significa venerazione o preghiera. I Bhajan sono dei mantra che esprimono amore e devozione per la divinitá. Nel video “Nama Ramayanam” di immagini e canti é possibile ascoltarne alcuni, cantati per lui durante la celebrazione  per la sua nascita.

Per il dialogo inter-religioso, per la Siria, per padre Paolo Dall’Oglio

Posted on: April 11th, 2014 by flaviadiba No Comments

Opera di Flavia Bartolo dedicata alle vittime della guerra fratricida in Siria.

Andai in Siria nel 2009, visitai la comunità Deir Mar Musa, per il dialogo inter-religioso, fondata da padre Paolo Dall’Oglio, che ebbi la fortuna di conoscere.

Di Paolo Dall’Oglio si sono perse le tracce dal luglio del 2013 mentre si trovava in Siria, rientrato clandestinamente, dopo essere stato espulso, per continuare la sua opera di pace e mediazione. Per comprendere le sue intenzioni si legga l’ultimo libro, pubblicato dopo la sua sparizione, dal titolo “Collera e luce”, nonché il libro “Innamorato dell’Islam, credente in Gesù”, da cui riporto una parte della regola della Confederazione monastica Al-Khalil del monastero di Deir Mar Musa al Habashi:

“Estratto dall’introduzione.

1. La peculiare vocazione del monastero di San Mosé l’Abissino (Deir Mar Musa al Habashi) e della Confederazione monastica al-Khalil (l’Amico di Dio) presenta tre priorità: - la vita contemplativa secondo la tradizione siriaca e con un impegno spirituale nell’ambito del contesto cristiano vicino-orientale e arabo-islamico; - l’ospitalità abramitica; (…)

4. La particolarità del carisma della Comunità di San Mosé l’Abissino si basa su alcuni elementi che costituiscono una forte unità simbolica per noi che siamo stati chiamati a questo genere di vita monastica, per le Chiese con le quali viviamo, le società nelle quali viviamo, la Chiesa universale per la quale viviamo. Il monastero di San Mosé l’Abissino costituisce un simbolo importante per le Chiese Orientali, le quali hanno sempre, nei monasteri del deserto, trovato le sorgenti del rinnovamento spirituale evangelico, sull’esempio del popolo di Mosé nel Sinai, sulle tracce dei Padri dei deserti egiziani e di Palestina e sulla base dell’insegnamento di Efrem e di Isacco i Siri”.

Voglio esprimere il dolore che provo per questa inutile guerra e il mio pensiero rivolto a Paolo Dall’Oglio e a tutte le vittime del conflitto, a cui il mondo intero pare indifferente.

Sono ormai milioni i profughi siriani che occupano i campi profughi in Libano o che cercano di raggiungere  paesi occidentali, una vera e propria diaspora di cui non si intravvede ancora il termine.

Sono addolorata nel vedere in fotoreportage la distruzione anche dei luoghi di culto, come la moschea degli Omayyadi a Damasco, in un vortice crescente di violenze da parte di gruppi armati non identificabili.

La mia intenzione in quest’opera è di mettere in dialogo Islam e Cristianesimo senza contrapposizioni, come padre Dall’Oglio ha fatto nell’intera sua vita e come, mi auspico, possa continuare a fare nella volontà di pace e amore: l’invocazione Allah u Akbar è contornata da poesie tratte da “I trentatré nomi di Dio” di Marguerite Yourcenar. La calligrafia è in stile beneventano, sec. VIII-XII, utilizzata soprattutto dai monaci amanuensi dell’abbazia di Montecassino.

Flavia Di Bartolo

 

 

The finger and the new Moons

Posted on: March 18th, 2014 by la fra No Comments

Tutte le mani del mondo indicano alla stessa luna. Tutti gli occhi vedono la stessa luna. E tutti sognamo con la stessa luna. In antichitá considerata dea, é l’unica grande sfera sopra di noi che pur ripetendo le sue apparizioni per tutti gli esseri viventi della terra, arriva e sparisce, attira e respinge e muove, muove i flussi, gli oceani della terra cosí come le parti d’acqua presenti in ognuno di noi.

Tutte le dita indicano la luna, soltanto che ogni mano la chiama con un nome tutto suo: Selene a Artemide o Luna e Diana oppure al maschile divenne anche Nanna o Sin o ancora Thoth. Men oppure Tsukuyomi. In India era Chanda, e ricevette una maledizione dal dio Ganesha, che la puní con cicli di 15 giorni, costringendola a scomparire ognitanto.

Fasi lunari

Per la civiltá di Teotihuacan Chalchiutlicue era la dea dell’acqua relazionata anche alla luna, alla quale dedicarono persino la famosa piramide al fondo della “calzada de los muertos” (210 – 450 d.C.), alta 40 metri. Una grande scalinata porta in cima alla piramide, ovvero sulla piattaforma superiore, dove si realizzavano le cerimonie per Chalchiutlicue.

Per gli antichi celti si contava il tempo con mesi lunari: da una luna nuova alla successiva, un mese equivaleva al ciclo completo del satellite attorno alla terra. Soprattutto per i saggi druidi che ancor piú degli altri vivevano in costante comunicazione con la natura che avevano attorno, la luna e le sue fasi rappresentavano momenti decisivi per poter raccogliere certe piante e averne cosí la qualitá migliore. La luna avrebbe influsso anche sulla presenza benefica o meno dei principi attivi della pianta che si vuole raccogliere, tanto che solamente alcuni momenti del mese, del giorno e della notte sono buoni per effettuare la raccolta.

Per secoli e per qualcuno ancora oggi, la luna scandisce ritmi concreti di lavoro e ordina nel tempo attivitá funzionali al lavoro della terra. I contadini aspettano il nuvilunio per mettere il mosto nelle botti affinché diventi vino, e la luna é fondamentale. Fasi di luna crescente o calante sono importanti nella raccolta e nella semina, da sempre.

Taizè meditative singing

Posted on: March 10th, 2014 by Liuba No Comments

Taizé is a monastic community located in Taizé, France, founded in the 1940s by a Swiss named Roger Louis Schütz-Marsauche, familiarly called Brother Roger. The “brothers” of Taizé have taken a vow of celibacy and are committed to a lifetime of simplicity, service, and community. There is an ecumenical emphasis at Taizé, as expressed in their official website, which says the community “wants its life to be a sign of reconciliation between divided Christians and between separated peoples.” Brother Roger was especially eager to bring Catholics and Protestants together.

Practicing the silence with icons, candles, incense and prayer stations, this very contemplative community is attracting young people from around the world.

“Short chants, repeated again and again, give it a meditative character,” the brothers explain in a brief introduction printed in the paperback songbook. “Using just a few words, [the chants] express a basic reality of faith, quickly grasped by the mind. As the words are sung over many times, this reality gradually penetrates the whole being.”

 

Sai Baba

Posted on: March 10th, 2014 by Liuba No Comments

L’insegnamento di Sathya Sai Baba si fonda sul concetto che l’uomo sia essenzialmente divino e che debba quindi impegnarsi a riscoprire la propria natura divina.

Satya Sai Baba affermò più volte di non voler fondare una nuova religione, né una setta o un nuovo credo, o di volere raccogliere proseliti; nonostante sia nato in un contesto induista, il suo messaggio era inteso come universale e si rivolgeva indistintamente ai fedeli di tutte le religioni, a cui raccomandava la sincera adorazione di Dio nelle forme e nei mezzi propri di ciascuna religione: cardine del suo insegnamento è infatti l’unità delle religioni e delle discipline spirituali, concepite come strade differenti verso l’unico Dio. Molta importanza è data al canto devozionale (bhajan) e alla preghiera (con la ripetizione dei mantra), al servizio altruistico disinteressato (seva), e allo studio della spiritualità attraverso i testi sacri e spirituali di ogni tradizione o cultura.

Ha affermato inoltre che l’essere umano, per potersi definire tale, dovrebbe vivere secondo cinque valori principali, i cosiddetti valori umani, presenti – seppur in modo latente – in ogni individuo: verità, amore, pace, rettitudine e non-violenza; la cui costante e progressiva riscoperta e messa in pratica costituisce la vera essenza della ricerca spirituale.

Nel 1963 è sorta l’Organizzazione Sathya Sai, organizzazione spirituale non-religiosa e senza fini di lucro o di proselitismo, attualmente attiva in 137 nazioni, fondata con lo scopo di aiutare le persone a «riscoprire la propria natura divina».

L’impegno di Sathya Sai Baba nel campo del sociale si è concretizzato in numerosi progetti di natura umanitaria e filantropica in India, ispirati o portati avanti da egli stesso. Questi progetti (definiti, a seconda della tipologia, SocioCareEduCare e MediCare) includono:

la costruzione di campi medici e ospedali (tra cui il policlinico Puttaparthi Super Speciality Hospital), in cui gli interventi vengono eseguiti gratuitamente;
il “progetto acqua potabile”: un sistema di filtraggio, depurazione e distribuzione dell’acqua ad oltre 1000 villaggi rurali (circa due milioni di persone servite);
il progetto Sathya Sai Gange, un grande canale artificiale per portare acqua nella regione di Madras, caratterizzata dalla siccità;
l’apertura di numerosi istituti scolastici gratuiti, da elementari a università;

  • Love all, serve all – Help ever, Hurt never

dal Pancatantra

Posted on: March 2nd, 2014 by Liuba No Comments

“Pur avendo studiato i trattati, costoro sono stolti. Sapiente è solo colui che è dedito all’azione”

“Qual’è il tempo? Chi sono gli amici? Qual’è la regione? Quali sono le uscite e le entrate? E inoltre, chi sono io? e qual’è la mia forza? Così ci si deve interrogare molteplici volte.”

“Anche da uno che sia ebbro o da un pazzo che farnetica, o da un fanciullo che girovaga, da ognuno si può estrarre la parte migliore, come dalle pepite si estrae l’oro.”

“Come sono coloro con cui convive; com’è quello che uno desidera essere; questa stessa cosa diventa l’uomo.”

“L’uomo ricco di pregi s’inchina a somiglianza dell’arco dotato di corda. L’uomo che non ha pregi si fissa nell’immobilità, a somiglianza di un arco privo di corda.”

“To consider, ‘Is this man of our own or an alien?’ is a mark of little-minded persons; but the whole earth is of kin to the generous-hearted.”

“In bad times, one should not abandon patience”.

“Excellent, average, and low qualities appear in anyone or anything due to association with person or things of the corresponding type.”

“Truly good men are like rubber balls; even if they fall they bounce back. A fool falls like mud and gets stuck to the ground.”

“A great man does not lose his self-possession when he is afflicted; the ocean is not made muddy by the falling in of its banks.”

 

Il Panchatantra è una delle più antiche raccolte di favole della letteratura sanscrita.

Risale al IV secolo d.C., ma si basa su più antiche raccolte di fiabe. Viene attribuito al saggio indiano Bidpai (vissuto attorno al 300 d.C.)
I racconti, che per lo più hanno come protagonisti degli animali, sono suddivisi in cinque libri attorno ad alcune tematiche di saggezza.

Origine e creazione del Panchatantra

Molto tempo fa nel regno di Mahilaropya, viveva un re che governava in modo encomiabile.
Il re aveva tre figli, non molto intelligenti, e, per questo era molto preoccupato per la successione al trono. Cercava un buon insegnante, ben preparato nelle scritture, che riuscisse ad insegnarle ai figli in un tempo relativamente breve.
I ministri gli avevano indicato un ottimo pandit (erudito), Vishnu Sharman. Ma questo valente erudito era abbastanza vecchio e il re si chiedeva come avrebbe fatto a completare l’insegnamento delle scritture ai figli, dal momento che a un allievo ben dotato erano necessari almeno dodici anni per apprenderle.

Vishnu Sharman riuscì a convincere il re che avrebbe insegnato ai principi il comportamento di un vero re grazie a una serie di racconti che sarebbero stati molto più efficaci delle scritture.
Compilò una raccolta di cinque volumi di storie, chiamati Panchatantra, che dovevano appunto servire da guida ai giovani principi per apprendere il mestiere di re e imparare a comportarsi da saggi.

Vishnu Sharma prese in carico i tre figli del re e se li portò a casa, iniziando subito la loro educazione.

Suddivise le sue lezioni in interessanti storie che trattavano piacevolmente dei caratteri degli animali. Un dopol’altra le raccontò ai principi che ne seppero cogliere agevolmente l’essenza e applicarla alla vita. Al punto che ne furono completamente trasformati.
Una volta concluso l’apprendimento, essi rientrarono a corte non più come i ragazzi rozzi e fastidiosi che erano stati, ma come giovani dotati di saggezza e di prudenza.

Da allora, le storie raccolte e narrate da Vishnu Sharma sono conosciute come Panchatantra.

leggi le storie del pancatantra

 

 

The Truth

Posted on: December 5th, 2013 by Liuba No Comments

How can the Truth be MY Truth? How can Religion be MY Religion? The Truth can not be MINE, MY Truth can not be the Truth (anonymous)

Come può la verità essere la MIA verità? Come può la religione essere la MIA religione? La verità non può essere MIA, la MIA verità non può essere la verità (anonimo)