The Finger and the Moon Blog

Archive for the ‘Christianity’ Category

Ci lascia Giovanni Franzoni, ex abate e ‘cattolico marginale’

Posted on: August 16th, 2017 by Liuba No Comments

 

Quando una vita è forte, sincera, libera, e svincolata da ogni convenzione, anche della propria scelta religiosa, necessita di essere ricordata e che la sua storia sia divulgata in questo sito.

E’ la vita di Giovanni Franzoni, che fino al 1973 era abate alla basilica di San Paolo Fuori le Mura a Roma. Teologo ascoltato da Paolo VI, il più giovane italiano al Concilio Vaticano II. Poi l’estromissione, arrivata dopo la denuncia delle collusioni fra Chiesa e poteri forti, la presa di posizione a favore del divorzio, la dichiarazione di voto per il Pci. Le sue omelie erano come fuoco, a favore della Chiesa dei poveri e contro il capitalismo. Allora era una voce che non si poteva ignorare.

Dom Giovanni Franzoni (“dom”, dal latino dominus, è predicato d’onore attribuito ai monaci benedettini), ha vissuto da prete ridotto allo stato laicale ma non scomunicato, fra i primi animatori delle Comunità di base che cercano di cambiare le strutture della Chiesa senza una bandiera che connoti il loro status di credenti. La sua Comunità ha sede a Roma in un locale spoglio ma dignitoso di via Ostiense. Tavoli di legno attorno ai quali ancora Franzoni, con discrezione, fino all’ultimo ha concelebrato messa con gli amici. Fra loro anche alcuni sacerdoti: spezzavano il pane recitando l’anafora assieme. “Un cattolico marginale”, si definì lui stesso nell’”Autobiografia” pubblicata da Rubbettino, defilato e, per anni, dimenticato dalle gerarchie. Anche se, due anni fa, un segno per lui fausto arrivò: alla presentazione del suo libro in Campidoglio intervenne, a sorpresa, anche Matteo Maria Zuppi, allora vescovo ausiliare di Roma, oggi arcivescovo di Bologna.

In una intervista a Repubblica raccontò di come avvennero le sue dimissioni da abate di San Paolo, lo strappo con le gerarchie che lo portò a fondare la Comunità di base in una fabbrica dismessa dell’Ostiense dopo le prese di posizioni sul divorzio e aborto: “In Vaticano mi denigravano. Dicevano che mi ero venduto al Pci. Una domenica in basilica un giovane pregò perché suo figlio potesse crescere in una Chiesa dove non si fa speculazione finanziaria come aveva da poco fatto, con tanto di deplorazione pubblica da parte dell’Associazione Bancaria Internazionale, lo Ior. Paul Mayer, a quel tempo segretario dei Religiosi, reagì. Mi disse che visto che ero così “democratico” dovevo accettare le sue condizioni: sottoporre ogni atto pubblico al parere dei superiori. Presi tempo. In una riunione della Comunità si alzò Vincenzo Meale. Disse che dovevo obbedire perché altrimenti sarei stato l’unico a pagare. Però, spiegò, “è certo che se accetta le censura, la mia esperienza con la Comunità finisce qui”. Fu un lampo, un’illuminazione appunto. Risposi: “Ho capito”. E il lunedì seguente dissi a Mayer che volevo dimettermi. E così ebbe inizio la mia nudità”. Prego? “Spogliato di ogni sicurezza, mi trovai fuori dall’apparato ecclesiastico. Certo, non ero ancora sospeso a divinis. Fu dopo che dovetti lasciare l’abito”.

Dopo il Concilio la Chiesa aveva aperto al rinnovamento. Franzoni la pungolava, deciso a tornare sui testi biblici per recuperare la figura storica di Gesù e il suo autentico messaggio. Fu Pier Paolo Pasolini a scrivere di lui: “Non c’è sua predica che prendendo convenzionalmente il pretesto dal Vangelo o dalle Lettere di San Paolo, non arrivi implicitamente ad attaccare il potere”. Ben altro dicevano Oltretevere. Un giorno in Basilica gli mandarono l’abate Tonini, dei monaci Silvestrini. Disse ai monaci che vivevano con lui che il Papa piangeva per causa sua. In pochi gli rimasero amici. Fra questi il cardinale Pellegrino. All’inizio del ‘74 Franzoni aveva già lasciato la Basilica e abitava in un appartamentino di via Ostiense. Pellegrino andò a trovarlo, e alla domanda su perché fosse a Roma rispose: “Non ho niente da fare qui, sono venuto solo per chiederti scusa per come ti abbiamo trattato”.

 

testo tratto dall’articolo di Paolo Rodari su Repubblica del 13 luglio 2017. Leggi tutto l’articolo

Libretto della vita perfetta

Posted on: April 17th, 2017 by Liuba No Comments

Aprendo la prima scatola di cose dopo una esasperante ristrutturazione durata 8 (otto!) mesi, trovo e comincio a leggere un libricino dal titolo “Libretto della vita perfetta” e vengo a sapere che è un libro di spiritualità tedesco scritto da un anonimo di Francoforte nel XIII, ripreso e pubblicato da Lutero nel 1518. Mi affascina subito fin da principio e il suo incipit mi ricorda immediatamente la dottrina buddhista del Vuoto e il Nulla del Tao:

“San Paolo dice: ‘Quando giunge il perfetto, si getta via l’imperfetto e il frammentario’ (1 Cor 13,10). Fai attenzione: cosa è il perfetto e il frammentario? Il perfetto è un essenza che tutto comprende e racchiude in sè e nel suo essere, e senza la quale o al di fuori della quale non v’è alcun vero essere, e nella quale tutte le cose hanno il loro essere, giacchè essa è l’essenza di tutte le cose, che, immutabile e immobile in sè, tutte le muta e muove.

Invece il frammentario o l’imperfetto è ciò che ha avuto, o ha, la sua origine da questo perfetto, ed appare come un qualcosa, il questo o il quello, e si chiama creatura. E di tutti questi particolari nessuno è il perfetto. neppure il perfetto è nessuno di questi particolari. I particolari sono afferrabili, conoscibili ed esprimibili. Il perfetto è inconoscibile, inconcepibile e inesprimibile per tutte le creature, in quanto creature. Perciò il perfetto è detto “nulla”, giacchè non è nessuna di esse.”

Ed ecco l’inizio del Tao Te Ching:

“Il Tao che si può nominare
Non è il Tao eterno.
L’essere che può venire nominato
Non è quello eterno.
Come non nominabile
esso è il principio del cielo e della terra.
Divenuto con ciò determinato
Divenne l’origine degli esseri particolari.
Una l’essenza,
diversa solo la denominazione.
Mistero è la loro identità,
arcano degli arcani.
Porta attraverso la quale sono emerse,
nell’universo manifesto,
tutte le meraviglie che lo popolano.
Così lo spirito libero dalle passioni
percepisce l’essenza misteriosa,
lo spirito preda delle passioni
non conoscerà se non i suoi effetti.”

Ciò che più mi affascina è vedere come diverse vie spirituali, in diverse epoche e parti del mondo, siano così simili..

“Tutte le religioni sono delle dita che indicano la luna. L’importante è non fermarsi a guardare il dito.”

Sentinelle di sacralitá rurale

Posted on: May 14th, 2014 by la fra No Comments

Infiniti nomi per infiniti luoghi: arte e religiositá rurale

Nicchie ai crocicchi, croci votive o edicole sacre poste ad un bivio o su un sentiero di montagna, a metá di una via di pellegrinaggio, tappe sacre lungo il cammino tra campi, boschi, colline e montagne. Ce ne sono ovunque in Italia e quasi ovunque nel mondo, anche se in ogni regione e per ogni credo assumono sfumature diverse, nella forma e nello scopo.

 In Italia appartengono alla preghiera cristiana e alla devozione per un dio o per un santo. Nella maggiorparte dei casi si tratta di un ringraziamento per un voto fatto in precedenza da un credente. In ogni regione d’italia assumono giá diverse denominazioni. Se in Lombardia si parla di santelle, in Veneto vengono chiamati capitelli votivi, da capitèo e in Piemonte piloni. Ma anche nomi quali edicola votiva o edicola sacra, altarino, tempietto non mancano.

Nel piacentino la piccola casetta o tempietto in cui venerare la Maria Vergine prende il nome di Mistadello.

 Grazie al lavoro di Maria Rosaria Auricchio é possibile scoprire gli oltre cento Mistadelli presenti nelle Valli Trebbia e Nure. Con esattezza la Auricchio ha condotto una lunga ed accurata ricerca, documentando tutti i mistadelli (o sacelli) presenti nei comuni di Alseno, Besenzone, Cadeo, Caorso, Carpaneto, Castell’Arquato, Castelvetro, Cortemaggiore, Fiorenzuola, Gropparello, Lugagnano, Monticelli d’Ongina, Morfasso, Vernasca e Villanova. Con metodo vengono riportati tutti queste piccole casette votive con almeno 125 schede analitiche e piú di 200 fotografie nel libro pubblicato nel 2007. L’autrice ha allargato la sua ricerca e documentazione negli ultimi anni anche ad altre valli piacentine, potendo pubblicare un nuovo volume lo scorso novembre 2013, dal titolo: “Arte e devozione rurale. Mistadelli a Piacenza, Val Tidone, Val Trebbia e Val d’Aveto”.

La Auricchio parla di devozione rurale, perché tutti questi “angoli votivi” sono riferimenti a una fede spontanea, sinceramente sentita dagli abitanti e lavoratori di un luogo, che ci possono rappresentare qualcosa di concretamente legato alla vita quotidiana. Una concretezza che non deriva certo dalla fede di intellettuali, ricchi architetti o antichi nobili, ma dalla fede contadina delle campagne. Sui sentieri di queste campagne italiane oggi si incontrano meno contadini di un tempo ma rimangono tuttavia disseminate di mistadelli, come fossero appunto sentinelle di una sacralitá legata a cicli di vita passati, rendendoli eterni.

Taizè meditative singing

Posted on: March 10th, 2014 by Liuba No Comments

Taizé is a monastic community located in Taizé, France, founded in the 1940s by a Swiss named Roger Louis Schütz-Marsauche, familiarly called Brother Roger. The “brothers” of Taizé have taken a vow of celibacy and are committed to a lifetime of simplicity, service, and community. There is an ecumenical emphasis at Taizé, as expressed in their official website, which says the community “wants its life to be a sign of reconciliation between divided Christians and between separated peoples.” Brother Roger was especially eager to bring Catholics and Protestants together.

Practicing the silence with icons, candles, incense and prayer stations, this very contemplative community is attracting young people from around the world.

“Short chants, repeated again and again, give it a meditative character,” the brothers explain in a brief introduction printed in the paperback songbook. “Using just a few words, [the chants] express a basic reality of faith, quickly grasped by the mind. As the words are sung over many times, this reality gradually penetrates the whole being.”

 

The Finger and the Moon # 3 collective performance photos

Posted on: November 15th, 2012 by Liuba 1 Comment

Genoa, sept 29, 2012, Deconsacrated Gothic Church of S.Agustin Museum

After a year of site specific research and networking in the city of Genoa by the Italian artist Liuba supported by anthropologist Barbara Caputo, 12 people of different spiritual faith and beliefs participated with Liuba in the collective performance, curated by Alessandra Gagliano Candela.

Dopo una lavoro di ricerca antropologica e di contatti sul campo durato circa un anno e portato avanti dall’artista insieme all’aiuto dell’antropologa Barbara Caputo e della curatrice Alessandra Gagliano Candela, hanno partecipato alla performance collettiva insieme col’artista Liuba 12 persone di diverse fedi religiose e cammini spirituali.




Participants met with Liuba into the Deconsacrated Church a few hours before the performance began.The artist explained the importance of everyone feeling well, relaxed and free during the performance; being part of a performance is not like acting in the theater rather it is being natural and true. All the people involved were free to meditate and act in any way he or she liked, needing only to keep in mind simple logistical/spatial rules previously decided upon.

I partecipanti si sono incontrati con Liuba nella chiesa sconsacrata alcune ore prima della performance. Liuba ha sottolineato che era importante che ciascuno fosse sè stesso e agisse con naturalezza e spontaneità, poichè si trattava di una performance e non di uno spettacolo teatrale. Ciascuno era libero di meditare e pregare nella maniera a lui più appropriata, condividendola con gli altri, e rispettando soltanto alcune semplici indicazioni di regia spaziale.


Participants introduced themselves to the others, explaining their reasons for taking part in this important piece of performance art and symbolic faith sharing event.

Ciascuno ha condiviso le motivazioni per cui aveva scelto di essere parte della performance e di meditare insieme a persone di diverse appartenenze religiose. Ogni partecipante era ben consapevole di essere parte di un’opera d’arte e al tempo stesso di un evento simbolicamente importante sulla strada dell’accettazione e del rispetto delle varie spiritualità.

The collective performance began with all the participants on the steps of the church’s apse breathing in unison; respiration is a universal need that is common to all people, religious or otherwise.

La performance collettiva è cominciata con tutti i partecipanti sulla grande scalinata che respiravano insieme. Il respiro è un bisogno e una pratica che unisce tutti gli uomini di ogni diversa provenienza e spiritualità.


Then Liuba descended into the nave, moving among the public and praying various prayers of many religions. On her ad hoc oufit were images of several places of worship, temples and churches in New York City. The participants then descended, one by one, into the nave while meditating individually in their own, personal ways. There was music composed for the event by Liuba which mixes together some sacred music of various religions and video projections of the Finger and the Moon project videos #1 and #2.

Quindi Liuba discese nella navata, in mezzo al pubblico, e cominciò a meditare con preghiere di diverse fedi. Sul suo manto-opera erano raffigurati tempi e chiese di differenti religioni. E ad uno a uno, anche gli altri partecipanti discesero nella navata cominciando le loro meditazioni, muovendosi nello spazio con libertà e improvvisazione. C’era una musica composta da Liuba sovrapponendo musica sacra di diverse religioni, e l’installazione dei due video ‘The Finger and the Moon #1 e 2′ all’inizio della navata.

The performance ended with Liuba writing ‘The Finger and The Moon’ sentence on the floor of the church and then leaving the church and entering the real world and everyday life hand-in-hand with all the participants.”

La performance si concluse con Liuba che, dopo aver scritto sul pavimento della navata la frase di Finger and the Moon, raccolse tutti i partecipanti conducendoli per mano fuori dalla chiesa, nel mondo reale, verso la vita di ogni giorno.

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