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Le donne Tuareg, l’Islam e la libertà sessuale

Posted on: April 21st, 2017 by Liuba No Comments

Sono musulmane ma non portano il velo, possono avere più partner sessuali e divorziano tranquillamente. Sono le donne nomadi della tribù dei Tuareg, che per secoli hanno attraversato il deserto del Sahara, spesso private dalla sabbia persino della vista.

I Tuareg, nonostante il loro antico modo di vivere per lo più nomadi nel deserto, hanno una cultura estremamente progressista. Le donne possono avere più partner sessuali al di fuori del matrimonio, mantengono tutti i loro beni con il divorzio e sono così venerate dai generi che non osano mangiare nella stessa stanza in cui si trova la suocera. Prima che una donna si sposi, è libera di avere il numero di partner che vuole. Gli uomini Tuareg si intrufolano nelle tende delle giovani passando la notte insieme, mentre la famiglia educatamente fa finta di non accorgersene. Tuttavia, vi è anche un codice di condotta che nessuno deve infrangere. La privacy è importante e l’uomo deve sempre andare via prima dell’alba.

Molti matrimoni finiscono con un divorzio tra i Tuareg. E quando succede, è la moglie che mantiene gli animali e la tenda. È lei che di solito decide che ne ha abbastanza. Questo significa che spesso gli uomini sono costretti a tornare a casa dalle madri, possibilmente solo con il loro cammello e nient’altro. La moglie, nel frattempo, mantiene il possesso di tutto ciò che ha portato al matrimonio, anche dei bambini. Non c’è vergogna nel divorzio. Le famiglie spesso fanno per le figlie una festa di divorzio, lasciando ‘aperta la porta’ per altri uomini.

 

 

 

 Curiosità: perchè i tuareg vestono di blu?
La scelta di questo colore per gli indumenti, non è tanto determinata da un fatto legato a condizioni climatiche, quanto al significato che questa gente attribuisce al colore in questione.
La Tagelmust, tradizionale copricapo delle popolazioni nomadi del Sahara, soprattutto i Tuaregh, è una lunga striscia in cotone – tra i 3 e gli 8 metri – che i Tuaregh portano avvolta sul capo e attorno al viso.
Questa specie di turbante funge da riparo contro i raggi violenti del sole del deserto e le correnti di sabbia trasportante dal vento, ma è anche un importante simbolo di protezione spirituale: i Tuaregh credono infatti che la Tagelmust debba coprire la bocca per evitare che gli spiriti maligni che abitano il deserto possano utilizzarla come via d’accesso all’anima umana; per questo motivo anche durante i pasti è proibito scoprire la bocca.
La Tagelmust tradizionale è di color Indaco, e il processo di tintura del cotone avviene ancora manualmente. Data purtroppo la scarsità d’acqua spesso il cotone è tinto con polveri a secco, che nel tempo però perdono aderenza con il tessuto, trasferendosi sulla pelle – motivo per il quale i Tuaregh sono conosciuti anche come “gli uomini blu”. Sempre a causa della poca quantità d’acqua a disposizione dei popoli nomadi del deserto, spesso il cotone viene lasciato “naturale”, e così si possono avere Tagelmust di vari colori, anche se l’Indaco, ritenuto un colore dalle particolari proprietà virtuose, è il colore utilizzato nelle cerimonie più importanti, soprattutto religiose.
Particolare interesse è rivolto alle Tagelmust Indaco dal tono più scuro o intenso, poiché denotano le possibilità economiche di chi la indossa.
Questo “indumento” è riservato agli uomini Tuaregh adulti, che la possono togliere solo in presenza di familiari molto stretti, mentre le donne possono avere il viso scoperto, invertendo completamente l’ordine religioso del resto delle popolazioni islamiche.
La Tagelmust ha moltissimi significati sociali, legati soprattutto al modo di avvolgerla e piegarla sul capo, diversa a seconda del clan, del ruolo che vi si ricopre o addirittura della regione di origine.


 

dal Pancatantra

Posted on: March 2nd, 2014 by Liuba No Comments

“Pur avendo studiato i trattati, costoro sono stolti. Sapiente è solo colui che è dedito all’azione”

“Qual’è il tempo? Chi sono gli amici? Qual’è la regione? Quali sono le uscite e le entrate? E inoltre, chi sono io? e qual’è la mia forza? Così ci si deve interrogare molteplici volte.”

“Anche da uno che sia ebbro o da un pazzo che farnetica, o da un fanciullo che girovaga, da ognuno si può estrarre la parte migliore, come dalle pepite si estrae l’oro.”

“Come sono coloro con cui convive; com’è quello che uno desidera essere; questa stessa cosa diventa l’uomo.”

“L’uomo ricco di pregi s’inchina a somiglianza dell’arco dotato di corda. L’uomo che non ha pregi si fissa nell’immobilità, a somiglianza di un arco privo di corda.”

“To consider, ‘Is this man of our own or an alien?’ is a mark of little-minded persons; but the whole earth is of kin to the generous-hearted.”

“In bad times, one should not abandon patience”.

“Excellent, average, and low qualities appear in anyone or anything due to association with person or things of the corresponding type.”

“Truly good men are like rubber balls; even if they fall they bounce back. A fool falls like mud and gets stuck to the ground.”

“A great man does not lose his self-possession when he is afflicted; the ocean is not made muddy by the falling in of its banks.”

 

Il Panchatantra è una delle più antiche raccolte di favole della letteratura sanscrita.

Risale al IV secolo d.C., ma si basa su più antiche raccolte di fiabe. Viene attribuito al saggio indiano Bidpai (vissuto attorno al 300 d.C.)
I racconti, che per lo più hanno come protagonisti degli animali, sono suddivisi in cinque libri attorno ad alcune tematiche di saggezza.

Origine e creazione del Panchatantra

Molto tempo fa nel regno di Mahilaropya, viveva un re che governava in modo encomiabile.
Il re aveva tre figli, non molto intelligenti, e, per questo era molto preoccupato per la successione al trono. Cercava un buon insegnante, ben preparato nelle scritture, che riuscisse ad insegnarle ai figli in un tempo relativamente breve.
I ministri gli avevano indicato un ottimo pandit (erudito), Vishnu Sharman. Ma questo valente erudito era abbastanza vecchio e il re si chiedeva come avrebbe fatto a completare l’insegnamento delle scritture ai figli, dal momento che a un allievo ben dotato erano necessari almeno dodici anni per apprenderle.

Vishnu Sharman riuscì a convincere il re che avrebbe insegnato ai principi il comportamento di un vero re grazie a una serie di racconti che sarebbero stati molto più efficaci delle scritture.
Compilò una raccolta di cinque volumi di storie, chiamati Panchatantra, che dovevano appunto servire da guida ai giovani principi per apprendere il mestiere di re e imparare a comportarsi da saggi.

Vishnu Sharma prese in carico i tre figli del re e se li portò a casa, iniziando subito la loro educazione.

Suddivise le sue lezioni in interessanti storie che trattavano piacevolmente dei caratteri degli animali. Un dopol’altra le raccontò ai principi che ne seppero cogliere agevolmente l’essenza e applicarla alla vita. Al punto che ne furono completamente trasformati.
Una volta concluso l’apprendimento, essi rientrarono a corte non più come i ragazzi rozzi e fastidiosi che erano stati, ma come giovani dotati di saggezza e di prudenza.

Da allora, le storie raccolte e narrate da Vishnu Sharma sono conosciute come Panchatantra.

leggi le storie del pancatantra